L'industria dell'obbligo (1976)

01 January 1976

Baradel / Rita Fenu / La mia idea / Omicidio e rapina / L'industria dell'obbligo / Al limite cioè

L'industria dell'obbligo non è solo la scuola media in cui da troppi anni milita anche la mia scandalosa immagine culturale (il romantico stipendio che mi concede lo stato è molto più letterario delle mie lezioni) ma è soprattutto Torino con la sua produzione di mostri infelici che trovi ormai in ogni ambiente urbano e che cominciano a strillare finalmente anche in questa storica palestra di tensioni. La vocazione a "sentirsi obbligati" fino ad ora ha condizionato la mia città, i suoi abitanti ed i suoi artisti al silenzio, alla compostezza, al grigiore piacevolmente provinciale che i nostri leggiadri e illuminati signori di cremeria finora avevano buon gioco a diffondere per imbellettare la Fiat, l'integrazione e la violenza ambientale. Ma l'assenteismo dei "bugia nen" sta per essere ormai stuprato e sorge prepotente la voglia di "fare insieme" per vincere la solitudine e l'isolamento. Voglio dare in questo lavoro una testimonianza di me e di Torino. Dieci anni passati a scordare chitarre elettriche sbraitando "Beat and Roll", a subire la follia dei perdenti, a conoscere i nuovi santi tra una birra e un nervoso cappuccino nei bar del '68. E altri sette anni passati a riaccordare chitarre elettriche e infilare esperienze e storie vere nel filo di una crescente coscienza politica, che può fare a meno di un'assemblea al giorno. Lo spettro di una pensione statale davanti alla demoralizzante figura sordido-ìetteraria di un cantautore trentenne, alle spalle, un Rock genetico che mi prude nel sangue, minaccia di sguinzagliare ad ogni istante tutta la mia fottuta istrioneria. Tutto questo è stato consumato con la complicità di amici assetati di gioia e delirio, anche da quelli che nel dubbio tra il votarsi seriamente alla lotta di classe o vivere differentemente la loro rivoluzione, finora hanno scelto soltanto un viaggio in Marocco all'anno e qualche cena surgelata in casa di compagni sposati da poco e già in crisi. - Enzo Maolucci

1 - BARADEL

Da un mese sto insegnando in una scuola media, un mese fa studente, e adesso ho il potere, ma ...

Ho conosciuto Baradel, che non sta fermo dietro al banco Non scrive i temi Baradel, perché compone nella testa. Sei già schedato Baradel, sei ripetente Baradel, e ti han bocciato, tu lo sai, perché non rispondevi mai. Hai fatto bene Baradel, non si risponde a chi vorrebbe fare di tè quello che lui si è messo in testa per paura. Ma io ti parlo Baradel, non ti istruisco Baradel, tu mi rispondi perché sai che non ti giudicherò mai. Ma il preside dagli occhi morali di chi non fa mai l'amore ha controllato temi e registri vari e ha deciso che cosi non va. lo me ne frego Baradel, però ti dico chi comanda. Non gira il vento Baradel, attento da che parte spira. Nell'oro c'è la storia antica, la storia poi non è cambiata. Menenio Agrippa conta palle che un certo Kissinger ripete.

E' morto Allende Baradel, ci son le bombe dei padroni, e chi li serve accusa me di far politica anche a scuoia. I vostri banchi in mezzo al mondo, i vostri temi poesie. L'ortografia violentata dal voto non è vendicata. E' primavera Baradel, Pablo Neruda in classe muore. Ai tuoi compagni Baradel, la vita scoppia nelle mani. Vi ho portati un po' a giocare nel prato che c'è lì davanti, e non ho chiesto alcun permesso perché credevo fosse giusto. Ma il boia con quegli occhi morali di chi non fa mai l'amore ha scritto che ho commesso peccato grave: ho preso e dato troppa libertà.

Mi han trasferito Baradel, ha dunque vinto quel bastardo. Ti stangheranno Baradel, è proprio questo che si vuole. Non sei un servo Baradel, e non fai comodo lo sai, perché tu porti in mezzo ai banchi la lotta che non si fa mai. Mordi le labbra Baradel, quando hanno voglia che tu parli, e grida sempre Baradel, se ti si impone di tacere. Impara a scrivere per te, e non ti fare emarginare. La mela marcia sparirà, il verme poi sarà farfalla. Non sei un servo Baradel, e non fai comodo lo sai, ma porta sempre in mezzo ai banchi la lotta che non si fa mai.

2 - RITA FENU (Ninna nanna per un figlio che non doveva nascere)

Ninna nannera nannà Il figlio, Rita Fenu, si culla nel suo ventre pensando agli altri cinque che ferri sporchi han cullato per lei. "Stavolta è troppo tardi - le ha detto suo marito - il medico non vuole, è un imbecille, pazienza così'". Rita Fenu sorride, lo sapeva, era sicura, e così poco male, almeno adesso non ha più paura. La prima volta ha pianto, ma non ha detto no. L'orgoglio è come un bimbo, a mantenerlo poi come si fa? La terza volta cerca di strapparselo da sé, centomila sono troppe, dall'ospedale in galera è lei che ci va. Dopo la quinta volta con quei ferri fa un corredo, per tre mesi lei tace, e un bel Natale di televisione gii dice: "Basta! lasciamolo in pace". Tre ore di bestemmie, ma dopo si è calmato, se ancora la picchiava l'avrebbe ucciso coi ferri che sa. Dentro il ventre di Rita c'è un bel rischio caldo che si contendono in molti: marito, giudici, medici e preti, ma Rita adesso decide per sé. ............................................... Questa squallida storia qui sarebbe già finita, ma ci vuole un finale per il riscatto del libero aborto, ed è per questo che Rita farà un folle gesto di nobile accusa, un pasto vivo alla morte darà. Ninna nannera nanna - Da un mese Rita Fenu aveva il suo bambino, ma un giorno che piangeva lo ha soffocato stringendolo forte gridando "Ninna nannera nannà" Davanti al giudice grida "Nannà" lo l'ho salvato "Nannera nannà" Non era vostro "Nannera nannà" Con la camicia di forza "Nannà" lei ride e grida "Nannera nannà" lei ride e grida "Nannera nannà".

3 - LA MIA IDEA

Quanti sogni nelle ossa, quante immagini dei miei struggenti e pazzi viaggi. Quante frecce costruite nella notte che non ho mai il coraggio di scagliare.

E i sogni vanno via, via coi capelli scoprendo la mia fronte, aprendo la mia mente. E tu, e tu vorresti che io mi fermassi qui e non corressi sempre incontro ad aquiloni inquieti al vento.

Ma la mia idea non la cambierò, ed è per questo che io vivo, (sopravvivo). I nseguirò la vita là dove va chi si è fermato adesso è morto (e non può più lottare). Per questa idea che non cambia mai io son cambiato troppe volte, non so quante, e io lo so che hai ragione anche tu, io basto solo per me stesso.

Ma tu pensa quanta rabbia ed impotenza mi han nutrito vegliando sulle mie nevrosi, e quante porte alle mie spalle ho già sbattuto (ma quel rumore non finisce).

E quante tenerezze ho regalato via insieme ad altre cose che non ho mai avuto. La libertà si compera, la vendono i padroni, è droga sotto banco sai, perciò la paghi molto cara.

Ma questa idea non la cambierò, ho ancora sempre dieci anni come quando gettavo sassi contro i vetri bagnati in una casa di fantasmi (io non ci credevo). Con questa idea che non cambia mai a me non mancherebbe niente, (tu lo pensi) eppure, credimi, hai torto anche tu senza di te qualcosa manca, o forse perde senso. Ma questa idea deve vivere, perché ho paura di scoprire un giorno nello specchio un vecchio pazzo che la morte cercò tirando al cielo col suo arco (e guarda venir giù le frecce).

4 - OMICIDIO E RAPINA

Alle due di notte nella strada vedo un tale. Maschera di sangue, contro il muro barcollava. "Forse ti conosco - dico io - ma che ti han fatto?" E con l'occhio sano, in mezzo al sangue lui mi guarda. "Una birra!" (Vuole una birra). Era un mio compagno di collegio molto in gamba, solo insufficiente di condotta e religione, e chi l'ha picchiato cerca in terra la parrucca mentre arriva un cane che mordicchia i denti sparsi. "Una birra!" (e racconta): "In questa storia sporca e vile, in questo mondo ottuso che nutre feroci ben-pensanti, son nato schiavo come te. In mezzo ai gracili consensi di chi non protestava mai i miei due folli sconosciuti mi fecero in cattività. La rabbia dentro ai miei vagiti non era solo fame, no. Ora i vagiti sono bestemmie, accuse inacidite, nevrosi criminali che covano di dentro e divorano la mente. Si'. lo voglio solo questo, voglio omicidio e rapina. lo voglio solo questo, voglio omicidio e rapina. Violenza è la mia fede, il mio solo riscatto. Nutrito dalla rabbia io vivrò soddisfatto. Merdosi ipocriti altruisti, budini flaccidi perché il giusto orgoglio non avete, l'orgoglio di gridare: "lo sono un egoista, io sono un rinnegato!" E non ringrazio mai nessuno, detesto chi ringrazia me e mi fa schifo chi rinfaccia, il falso umanitario che si crede più di te. lo mance proprio non ne lascio, e poi non faccio carità. Chi ama è debole e servile, chi odia è già migliore, non chiede compassione, eppure è generoso, permette a tutti quanti di essere cosi, di ricambiare odio, di fare come me. lo voglio dalla gente solo schifo e disprezzo non voglio il loro amore, niente ricatti morali. lo voglio solo questo, voglio omicidio e rapina. lo voglio solo questo, voglio omicidio e rapina. Mia madre in me voleva un genio, un ricco medico perché le sue ridicole ambizioni, la fame di generazioni, le aveva messe in mano a me Lei fece a sua misura un Dio (io), lei s'è votata a me perché un Dio, si crede, è sempre buono, e invece no, non è così. lo sono stato un Dio molto ingrato e cattivo, serpente in seno, mostro sacro, infame e bizzarro, che vuole sempre sacrifici umani e rapine. lo voglio solo questo, voglio omicidio e rapina". lo lo ascolto e piango: "Adesso andiamo all'Ospedale". Lui mi dice: " Un'occhio basta e avanza per guardare questa umanità che un giorno deve pur cambiare. "Una birra!"

5 - L'INDUSTRIA DELL'OBBLIGO

Per me la scuola era come un cesso dove la puzza non mi impediva letture oscene per quell'attesa e starci a lungo non mi spiaceva. Molta gente ad entrare ambiva ed io, a dispetto, non me ne uscivo ricordo bene la compagnia di un grande stronzo che mi insegnava. Tante grazie professore di avermi detto prima da quale parte stavi tu. Il bagliore del tuo impero coi libri di latino alimentavi sempre più. Catone, Cesare, Cicerone, quella era gente del tuo partito, e tu da studente per guida avevi solo quel tanghero di Benito. Adesso invece non trovi più gente cosi dopo Don Milani e dopo il Referendum. Ai professore puoi dare del tu, non dice come pensa per essere obbiettivo e non condizionarti, ma seduto Ei nel banco con te t'insegna ad usare la libertà. Se non rispetti tutti non sei democratico e l'estremismo è inciviltà. Rispetta anche l'autorità (Gesù diceva) e basta con chi sciopera e ti parla di politica. Grazie, vecchio professore di avermi detto chiaro che cosa stavi dando a me: degne armi culturali per vincere agli esami e promuovermi ai potere, ma... Cosi ho imparato a non crederti, il tuo premio non era per me. Appena promosso ti ho tradito, ed ora a pensarci mi sei servito. Adesso il cesso è dell'obbligo nessuno aspetta fuori, ci stanno dentro in tanti. li diritto a studiare c'è (e va beh!) Ma il posto di lavoro è un privilegio amaro, ma... E' come stare in fabbrica poi ti insegnano ad ubbidire se vuoi, puoi esser licenziato, lo sai, se non impari tutto tu vai a settembre (vacanza integrazione in autunno) ma se lecchi il culo puoi far carriera e diventare un professore un po' morbido, un po' duro, ma sempre dentro un cesso stai. L'industria dell'obbligo produce catene d'ubbidienti che intasano il mercato ormai. E' vero che dentro ci sono anch'io, ma posso per questo testimoniare: merda non nasci ma lo diventi, e il cesso già pieno sta per scoppiare. Si, qualcuno ci ha provato, lo so, a restaurare questa pietà. Decreti Malfatti però, e tutto prima o poi crollerà. Ti fregano meglio, Baradel, ti fregano meglio, Baradel...... ..............................................

6 - AL LIMITE CIOE' (Ninna nanna per un cane sciolto)

Mi sveglio e sento che un certo discorso è davvero finito le sedie intorno a me sono lo scheletro dell'assemblea. Non ricordo più il momento, l'intervento, che a un certo punto mi ha fatto dormire. Eppure io lo so, che nell'incanto dell'aula smarrita non più di un'ora fa grosse parole mordevano i muri. Sono intorno anche adesso, frantumate, suoni impazziti alla caccia di un senso. Voci gergali con barba ed occhiali si sono accorte di me, sono di un serio compagno che adesso non c'è, e dicono: Ai limite cioè, portare avanti una linea diversa, Ai limite cioè, la strategia di un certo tipo a livello di gestione dico "cazzo" nella misura in cui si interviene al limite cioè, è pazzesca cioè la mozione di base. Al limite cioè, è bestiale compagni, lo dice anche Lenin. Al vertice e alla base c'è la prassi, Cristo Dio, la problematica del collettivo. Al limite cioè (adesso però ho un'angoscia tremenda) Al limite cioè (sto come quando mi parla mia madre) Ora basta, vado via, che follia le filastrocche del mio '68. Al limite cioè, con queste frasi marcite e bigotte Al limite cioè, l'idea masturbata è già mossa dai vermi. Ninna nanna cane sciolto, stai tranquillo, a valle la lotta a monte il discorso. ...Cerco di uscire ma scopro che ora non saprei muovermi più. Dentro la testa un brusio di chiacchiere snob (che noia). Al limite però la resistenza l'ha fatta anche il prete. Al limite però anche il tuo preside fu partigiano. Non hai torto cane sciolto, stranamente i n bocca a tutti c'è l'antifascismo. Al limite cioè la lotta dura ci fa un po' paura. Al limite cioè la strategia ha un profumo di morte. Bla, bia, bla, bla, bla, bla, parole e discorsi rimbalzano intomo Bia, bla, bla, bla, bla, bla, e si rincorrono ad un certo livello bla. bla, bla...............